Doping tecnologico: i costumi in poliuretano

Di Giacomo Galvani

L'introduzione dei costumi che imitavano dà il via alla rivoluzione tecnologica nel nuoto. L'avveniristico Speedo LZR, sviluppato con la NASA, aiuta gli atleti a battere record ripetutamente record mondiali #nuoto #doping

Gli anni 2008 e 2009 sono stati veramente speciali per il nuoto mondiale. Mai si era assistito prima a un miglioramento così ampio e generalizzato delle prestazioni, a primati mondiali abbattuti giorno dopo giorno. In questi due anni i protagonisti, gli addetti ai lavori, gli appassionati e il pubblico hanno assistito a qualcosa di straordinario e allo stesso tempo sconvolgente. Il nuoto ha vissuto in questo periodo una vera e propria rivoluzione che, come tutte le rivoluzioni, ha creato scompensi e ha alterato equilibri, ha determinato discussioni anche laceranti e ha costretto gli organi dirigenziali di questo sport a valutare situazioni e prendere decisioni, talvolta contraddittorie e affrettate, ma anche drastiche, con cambiamenti di direttive impensabili.

Che cosa ha determinato questa situazione così particolare che mai prima di ora era stata vissuta in questo sport? La svolta alla quale possiamo far risalire il terremoto che ha sconvolto il nuoto mondiale è stata l'omologazione da parte della FINA (la Federazione Internazionale del Nuoto), nei primi mesi del 2008, di un costume realizzato con inserti di materiale plastico, che ha aperto la porta all'uso generalizzato di costumi realizzati con materiale "non tessuto" e quindi all'introduzione dei cosiddetti costumoni 2008-2009, popolarmente etichettati con il nome di "placcati", o "gommoni", a seconda se il costume sia costituito solo in parte o interamente di materiale plastico. Fino allora, il costume per il nuotatore è stato essenzialmente un indumento necessario per rispettare il comune senso del pudore.

La ricerca tecnologica alla fine del ventesimo secolo aveva portato tuttavia allo sviluppo, manifestatosi in pieno alle Olimpiadi del 2000, di costumi che, di là della funzione puramente coprente, si proponevano di migliorare le caratteristiche di scivolamento del nuotatore riducendo l'attrito con l'acqua. Ricordiamo la tuta integrale di Ian Thorpe e i costumi totalmente nuovi rispetto al passato che hanno caratterizzato quegli anni, i quali hanno portato a coprire una superficie del corpo sempre più ampia, seppur composti di tessuto.

La chiave dei primi costumi risiedeva nel modo in cui imitavano la pelle dello squalo1: i costumi erano stati concepiti, infatti, con l'idea di fornire ogni possibile vantaggio al nuotatore.

Questi avrebbero contribuito, inoltre, alla biomeccanica muscolare: è stato asserito che i completi collegano i muscoli che si fanno lavorare come gruppi. Si afferma inoltre che il modello anatomico dei costumi da nuoto, mediante la combinazione di pannelli di stoffa e di una speciale cucitura, rispecchiava il sistema muscolare, aumentando la coordinazione dei muscoli in modo da permettere che il movimento avvenisse in maniera più efficiente: i costumi collegavano, infatti, sia la spinta propulsiva sia la battuta delle gambe ai muscoli del tronco, che costituiscono il nucleo del corpo. La maggior elasticità, aumentata dalla cucitura e dal rivestimento del costume, era stata concepita, quindi, in modo tale da facilitare la funzionalità biomeccanica del nuotatore.

L'effetto dichiarato dalle case produttrici dei nuovi costumi consisteva in presunti miglioramenti dei tempi di nuotata fino al 3% rispetto ai modelli precedenti. Comunque sia, i miglioramenti di prestazione che sono stati attribuiti ai costumi dei primi anni duemila non sono stati così sconvolgenti da rivoluzionare la naturale progressione di crescita del nuoto mondiale e nessuno aveva pensato di affermare che la norma SW10.8 del regolamento internazionale del nuoto fosse stata in qualche modo violata, e cioè che

il nuotatore non deve usare nessun attrezzo (in inglese "device") che possa aumentarne la velocità o il galleggiamento naturale2

Ciononostante, il COA3 aveva richiesto un parere consultivo al TAS4 in seguito ad una polemica riguardo ai nuotatori che indossavano i costumi interi, in quanto erano stati avanzati svariati reclami riguardo ai costumi5. Il COA ha avuto un estremo interesse nel determinare se i costumi erano conformi alle regole della FINA, dal momento che la scelta incideva sul diritto di partecipare o meno ai Giochi Olimpici6.

Nel documento pubblicato dal TAS si legge che l'Ufficio Direttivo della FINA7, nel corso della riunione tenutasi in Kuwait l'8 ottobre 1999, aveva approvato i costumi integrali, definiti "Long John Suits". Tale approvazione trovava il suo fondamento nella convinzione che erano messi a disposizione a ciascun concorrente. L'Ufficio Direttivo aveva decretato, infatti, "(...) che l'uso di tali costumi non costituisce una violazione delle regole FINA. L'Ufficio Direttivo lascia ai nuotatori la scelta del costume (...)".

In particolare, secondo il rapporto della FINA per il Parere Consultivo del TAS, non sarebbe esistita alcuna norma specifica che regolasse il costume integrale. La GR 58, infatti, non prevedeva misure minime, lasciando che le dimensioni del costume da nuoto fossero libere dal controllo delle regole della FINA esistenti. Si sosteneva, in particolare, che i costumi integrali fossero conformi alle regole FINA, in quanto rientravano chiaramente nei requisiti di decenza previsti dalla suddetta regola. È stato indicato, inoltre, che le regole tecniche del nuoto, riferendosi alle SW, non prevede alcuna disposizione riguardo ai costumi da nuoto. È stato osservato che la regola SW 10.8 non è mai stata interpretata come applicabile ai costumi di nuoto e tanto meno alle dimensioni e al materiale9.

Non trovando alcuna violazione del Regolamento, l'Ufficio Direttivo, unico organo avente diritto ad interpretare il regolamento, ha pertanto di fatto concesso l'approvazione dei costumi integrali, stabilendo che i costumi da nuoto non costituissero equipaggiamento tecnico e non li hanno valutati come tali. Abbiamo quindi assistito a un'evoluzione di tessuti e di costumi, guidata inizialmente dalla Speedo, che ha coinvolto tutti i principali fabbricanti di costumi. Essa ha tuttavia portato a un progresso graduale e non a una rivoluzione nel mondo del nuoto, che non ha comunque alterato il trend naturale di sviluppo di questo sport.

L'introduzione dello Speedo LZR

La svolta è avvenuta nel febbraio 2008, quando ancora la Speedo ha proposto per l'omologazione alla FINA un nuovo costume: lo Speedo Lazer Racer, più conosciuto come LZR.

Questo costume era il risultato di tre anni di ricerca e sviluppo da parte dei ricercatori Speedo, che avevano addirittura collaborato con la NASA, con la società Ansys, specializzata nel software CAE (Computer-Aided Engineering)10 e con l'Australian Institute of Sport. Per realizzare il progetto, i ricercatori Speedo si erano avvalsi di complessi calcoli di fluido-termodinamica compiuti nel centro NASA di Langley. I materiali erano stati sottoposti, infatti, a rigorosi test di attrito, effettuati in una delle gallerie del vento più sofisticate al mondo, simile a quelle utilizzate per la ricerca e lo sviluppo di componenti spaziali. Speedo aveva utilizzato anche il potente software CAE CFD (Computational Fluid Dynamics)11, usato per risolvere i problemi più complessi nell'ingegneria e dotato di una sofisticata interfaccia grafica in 3D: un software in grado di simulare con estrema precisione i flussi d'aria e di liquidi, come l'attrito e lo spostamento dell'acqua attorno al corpo di un nuotatore12.

Il risultato è stato un costume costituito da un tessuto ultra leggero, a basso attrito, idrorepellente e ad asciugatura rapida. È stato il primo costume al mondo totalmente privo di cuciture: i singoli componenti del costume sono uniti attraverso un processo ad ultrasuoni. Ai fianchi sono presenti dei pannelli di materiale poliuretanico che comprimono il corpo del nuotatore dandogli una forma più snella ed idrodinamica.

La FINA ha omologato questo costume, senza rendersi conto che questa mossa avrebbe aperto la strada alla rivoluzione dei venti mesi seguenti, basandosi su un'interpretazione allargata del termine "fabric" che, secondo la nuova interpretazione FINA, non deve essere più inteso come "tessuto" in senso stretto, ma allargato anche ad altri materiali.

Di fatto le nazioni legate all'azienda americana hanno iniziato ad usare questo nuovo costume a placche poliuretaniche, ottenendo risultati davvero sorprendenti: nelle nazioni dove è stato usato il nuovo costume placcato, sono giunti dai vari meeting e trials notizie di record battuti e miglioramenti individuali incredibili. Nei mesi di febbraio, marzo e aprile è crollato un numero impressionante di record del mondo, molti di più di quanto si sia visto in passato.

Lo stesso Phelps ha dichiarato che quando entrava in acqua con indosso lo Speedo LZR si sentiva un razzo. I test in laboratorio hanno, infatti, dimostrato che il supercostume riduce l'attrito dell'acqua del 24% rispetto ai costumi attuali più veloci e del 38% rispetto alla comune lycra. È in grado di correggere eventuali posture sbagliate (si tratta d'imperfezioni millimetriche, visti i livelli di preparazione atletica dei nuotatori olimpionici), ad esempio nel tuffo o nella virata, migliorando le velocità di un ulteriore 10%.

Così durante il Campionato Mondiale in vasca corta di Manchester (aprile 2008) sono caduti 18 record del mondo contro i 4 di Shangai 2006 e i 4 di Indianapolis 2004. Anche in Europa ai Campionati Europei di Eindhoven del marzo 2008 sono caduti 6 primati mondiali e 12 europei, quando a Budapest 2006 c'erano stati 4 record del mondo e solo 3 europei e a Madrid 2004 solo 4 record europei. Non a caso, la quasi totalità dei record viene stabilita da atleti con il nuovo costume Speedo.

Il mondo del nuoto collega, così, questa improvvisa accelerazione delle prestazioni all'uso di una nuova generazione di costumi che facevano la differenza: la decisione della FINA di omologare lo LZR ha innescato un fenomeno, forse imprevisto, ma comunque devastante.

Questa consapevolezza, che ha preso man mano forza e si è generalizzata tra tutti gli addetti ai lavori, ha dato vita ad un periodo di vero e proprio caos. Mancavano meno di quattro mesi alle Olimpiadi: tutti gli atleti di punta, realizzando l'importanza di avere un costume nuovo, sono partiti alla frenetica ricerca del costume più veloce. C'è stata una vera e propria fibrillazione tra i costruttori di costumi chiamati in pochissimo tempo a sfornare un prodotto che possa essere competitivo con lo Speedo LZR: se gli atleti sponsorizzati direttamente o tramite la federazione di appartenenza dalla Speedo erano tranquilli, gli atleti appoggiati da altre marche si sono messi alla disperata ricerca di soluzioni alternative. Di più contratti storici di sponsorizzazione cancellati in pochi giorni per poter gareggiare alle Olimpiadi con un prodotto di nuova generazione13.

La complessa ed inattesa serie di eventi, che ha caratterizzato il mondo del nuoto nei mesi preolimpici, ha esercitato direttamente ed indirettamente una notevole pressione psicologica sugli atleti generando in taluni casi un certo livello di tensione con gli sponsor tecnici.

Negli stessi giorni la Federazione Italiana Nuoto (FIN) pubblicava una circolare federale con cui disponeva che, con deliberazione d'urgenza, i costumi di nuova generazione (al tempo pressoché esclusivamente lo LZR) non dovevano essere utilizzati ai Campionati Italiani Assoluti Estivi di Lovadina di Spresiano (Treviso), prova di selezione olimpica, appellandosi al fatto che questi costumi non erano nella disponibilità di tutti i concorrenti, legittimando quindi implicitamente la superiorità di tale costume rispetto agli altri14. In questa situazione già così caotica si aggiungeva un ultimo elemento che segnerà pesantemente il periodo post olimpico: a pochi giorni dalle Olimpiadi la FIN rompe clamorosamente e unilateralmente un contratto pluriennale con Arena, suo sponsor storico, legandosi a un’azienda pressoché sconosciuta di Vigevano, la Jaked, la quale si impegnava a fornire il materiale tecnico per le Olimpiadi agli atleti italiani: un costume di nuova generazione omologato dalla FINA il 4 giugno 200815.

Gli appassionati apprendono inizialmente con costernazione la notizia, vista l'inesperienza specifica del nuovo fornitore. Dietro questo marchio c'era, però, una geniale intuizione italica: la Jaked proponeva, infatti, un costume costruito interamente in poliuretano, ove il tessuto spariva definitivamente dai costumi, dando inizio all'era dei primi "gommoni"16.

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