Torsioni con bastone: un esercizio inutile e pericoloso

Di Pierluigi De Pascalis

Le torsioni con bastone sono uno degli esercizi maggiormente diffusi con l’obiettivo presunto di migliorare il dimagrimento sui fianchi, nella realtà dei fatti invece si rivela un esercizio inutile e pericoloso:

Se alcune convinzioni tipiche del mondo delle palestre, per quanto errate, non creano conseguenze negative ma solo una visione distorta della realtà, altre invece rischiano di creare problemi anche seri, fornendo l'esatto contrario di quanto ci si aspetterebbe a seguito di un allenamento, quindi non un miglioramento della propria performance ma un possibile trauma, come può accadere a chi esegue l'esercizio in esame, comunemente definito "torsioni con bastone".

La principale ragione del successo e della diffusione di questo esercizio è data dalla convinzione che possa rivelarsi utile per snellire la zona dei fianchi riducendo gli accumuli adiposi. Inoltre essendo un esercizio dal minimo impegno muscolare, se non del tutto nullo, non determina affaticamento negli utenti che lo eseguono e questo induce a compierlo più volentieri, spesso perfino stando seduti e quindi in diretta contrapposizione col concetto stesso di allenamento fisico.

Procedendo con ordine occorre anzitutto segnalare che non è possibile, mediante un esercizio che coinvolge una specifica parte del corpo, poter dimagrire esattamente in quella zona (vedi anche La definizione muscolare tra mito e realtà dello stesso autore ndr).

Ma quand'anche questa fantasiosa ipotesi fosse realizzata si porrebbe un altro problema. Nell'esecuzione delle torsioni con bastone di fatto si sta lavorando contro resistenze talmente basse da poter essere definite, come già accennato, del tutto nulle. In qualunque altro esercizio, svolto con i pesi o a corpo libero, si lavora cercando di vincere una resistenza che è rappresentata da un attrezzo o dal proprio corpo, ma nell'esecuzione delle torsioni con bastone nessuna resistenza si oppone al movimento che viene compiuto senza alcuna difficoltà.

La logica conseguenza di questa constatazione è che l'esercizio non comporta un lavoro tale da poter essere considerato anche minimamente allenante, o che possa indurre un dispendio calorico degno di nota.

Prendendo in considerazione un altro esercizio, immaginando ad esempio di effettuare le distensioni su panca piana con un bastone di legno, è evidente a tutti che i pettorali non si gioverebbero di alcun risultato poichè la resistenza di un bastone è tecnicamente pari a zero. La situazione non cambia se lo stesso bastone viene impiegato per effettuare delle torsioni. Non essendo un lavoro allenante oltre a non produrre dispendio energetico in misura utile, non permetterà neppure di incrementare la forza o il trofismo dei muscoli coinvolti nelle torsioni, impedendo qualsivoglia beneficio o vantaggio sia sul fronte estetico che su quello dell'accelerazione metabolica.

Sotto il profilo allenante quindi è possibile definire questo esercizio come perfettamente inutile.

Se questo non bastasse il problema è aggravato a causa di un altro aspetto. Le torsioni con bastone oltre ad essere inutili sono potenzialmente traumatiche, ed il rischio di compromettere la funzionalità della propria colonna vertebrale viene amplificato nel caso in cui il bastone di legno venisse sostituito da un bilanciere.

Nel corso della torsione infatti, come è facile immaginare, si realizza una rotazione delle vertebre che costituiscono la colonna vertebrale intorno all'asse rappresentato dalla medesima colonna. Non tute le vertebre sono però uguali fra loro avendo caratteristiche proprie e differenze sostanziali sotto il profilo della struttura.

Il movimento di torsione pertanto coinvolge soprattutto la regione toracica e non, come si potrebbe immaginare, il tratto lombare. Il movimento della colonna sono del resto possibili in parte grazie alla elasticità dei dischi ma in misura maggiore dovuti alla forma e all'orientamento dei processi articolari1.

Procedendo dalla regione toracica verso quella lombare infatti, e man mano che ci si avvicina ad essa, il movimento di torsione risulta sempre più compromesso e limitato. La ragione è facilmente intuibile osservando come le vertebre lombari si articolano fra loro e, per l'esattezza, come i processi articolari inferiori di ciascuna vertebra lombare si vadano ad inserire nello spazio offerto dai processi articolari superiori della vertebra sottostante.

Questa sorta di incastro determina meccanicamente una drastica riduzione del movimento di torsione malgrado nella regine lombare, come in quella cervicale, il volume dei dischi intervertebrali sia considerevole in rapporto alle vertebre, elemento che giova nei confronti dell'ampiezza dei movimenti. Quando viene eseguito l'esercizio fin qui chiamato in causa, si agisce "forzando" un movimento assolutamente non funzionale rispetto alla zona che si ritiene di sollecitare, provocando prevalentemente una azione di scivolamento che genera come naturale conseguenza un enorme stress funzionale che può rivelarsi gravemente traumatico per i dischi intervertebrali del tratto lombare e, sebbene in misura minore, anche dell'ultimo tratto toracico.

La tensione sulle fibre esterne e centrali espone alla loro lacerazione e, in ogni caso, incrementa la pressione rispetto al nucleo del disco intervertebrale. Il tutto è aggravato dal fatto che, articolarmente parlando, i movimenti di flessione laterale e di rotazione sono sempre parzialmente associati soprattutto se si esamina la regione lombare.

Quando l'esercizio è svolto con un bilanciere l'intera problematica fin qui esposta viene naturalmente amplificata esponendo tra l'altro ad un precoce processo degenerativo e al rischio di protrusioni discali causate proprio da una esponenziale sollecitazione dell'anello fibroso dei dischi intervertebrali. L'impiego del bilanciere determinerebbe infatti, oltre a quanto già osservato, la necessità di arrestare repentinamente e in modo violento la sua inerzia dopo avergli impresso una accelerazione, esponendo oltre che ai rischi fin qui evidenziati anche alla possibilità di eventi traumatici a carico delle faccette articolari, e perfino a carico delle ginocchia se eseguito in piedi. Altro fattore aggravante è in ogni caso l'esecuzione dell'esercizio da seduti. In questa posizione infatti i movimenti di torsione del tratto lombare risultano ulteriormente ridotti, mentre subiscono un drastico incremento le forze di compressione e come conseguenza l'azione negativa diviene proporzionalmente maggiore.

Due parole sarebbero anche da spendere rispetto ai muscoli che si intende stimolare con questo tipo di lavoro, comunemente gli addominali obliqui (interno ed esterno). La loro sollecitazione ottimale dovrebbe essere eseguita rispettando l'andamento delle fibre che, come il nome dei muscoli lascia intuire, è obliqua e quindi promuove il movimento di torsione associato però alla flessione o alla estensione, per comprendere meglio si parla di quei movimenti che è possibile individuare nell'esecuzione di uno swing da parte di un golfista o nell'azione opposta, simile al gesto che si compie con un'ascia con l'intento di abbattere un albero.

Quindi osservando il lavoro sotto il profilo della spesa energetica è possibile affermare che questa sia talmente bassa rispetto ad una condizione di riposo assoluto da ritenere l'incremento tendente allo zero. Analizzando l'impegno muscolare, e quindi il vantaggio adattativo in termini allenanti e di performance il risultato non cambia, ed è sempre un miglioramento nullo. Se si esamina la modalità di sollecitazione muscolare non è coerente con l'andamento delle fibre dei muscoli obliqui ma, semmai, con le fibre del trasverso, muscolo quest'ultimo che è però attivo in lavoro di compressione addominale. Infine da un punto di vista articolare il grado di rischio cui ci si sottopone è l'unico elemento elevato, interessando soprattutto la regione lombare. Nel bilancio costi benefici è quindi possibile ritenere questo esercizio assolutamente da evitare.

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